Le vediamo nascere, crescere o morire se non ci prendiamo cura di loro, ma spesso, nonostante queste evidenze oggettive, ci dimentichiamo che piante e fiori sono esseri viventi.
E la loro famiglia è molto numerosa, visto che il verde costituisce l’85% di tutto ciò che è vivo sulla Terra. Potremmo farne a meno? Probabilmente no, visto che rappresentano l’anello iniziale della nostra catena alimentare e sono alla base della produzione di ossigeno.
Nascono, vivono, muoiono. Ma pensano? Soffrono? Ascoltano?
Charles Darwin è stato il primo ad ipotizzare che le piante potessero essere qualcosa in più di un semplice essere vivente passivo e, dopo di lui, diversi studiosi hanno smosso le acque nel settore scientifico dove si è finalmente iniziata a considerare la questione sempre con minor scetticismo.
Come hanno fatto le piante a sopravvivere e diffondersi per migliaia di anni? Secondo lo studio “Secret life of plants” (che puoi leggere qui), è stato proprio grazie ad una forma rudimentale di intelligenza, quella ipotizzata da Darwin.
Ed è per questo motivo che il titolo di questo articolo non ha il punto interrogativo. Perché le piante SONO intelligenti.
Nel 2005, per opera del professor Stefano Mancuso, ordinario di arbicoltura generale e, secondo il New Yorker uno dei “World Changers”, nasce a Firenze il LIB, “Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale”.
Gli studi di questa nuova disciplina scientifica si concentrano proprio su come le piante siano in grado di recepire gli stimoli e i segnali esterni, di elaborarli e poi di tramutarli in una risposta che permetta loro di sopravvivere.
Secondo il professor Mancuso, gli organismi delle piante sarebbero dotati di una serie di recettori che ne favorirebbero la sensibilità; inoltre, alla luce di altri studi, le piante non sarebbero poi così indifese e passive come crediamo: sarebbero in grado di allontanarsi dagli stimoli dolorosi e di mettere in atto vere e proprie strategie di difesa e, in alcuni casi, addirittura andando all’attacco con la liberazione di alcune sostanze nocive per il “nemico”.
Quest’ultimo caso è stato confermato dallo studio di Appel e Cocroft che, nel 2014, hanno dimostrato come alcune piante siano in grado di rendere più amare le proprie foglie quando percepiscono le vibrazioni prodotte da un bruco che mastica. Un cambiamento che non avviene in presenza di qualunque tipo di vibrazione, come quella prodotta dal soffio del vento o dal canto di un insetto, a dimostrare che le piante sono in grado di operare una vera e propria discriminazione sensoriale.
Un altro studio del 2019 condotto da Veits, Marine e altri, dimostra come le piante ascoltino gli stimoli esterni e rielaborino risposte non solo a fini difensivi o offensivi. L’enotera è in grado di percepire il ronzio degli impollinatori e, in pochi minuti, addolcire il proprio nettare!
Una scoperta che lascia credere che piante e fiori siano in possesso di un vero e proprio organo sensoriale uditivo!
Proprio l’aspetto legato al suono è uno dei più interessanti e più studiati dagli esperti che hanno dimostrato come piante e fiori, grazie alla circolazione dei liquidi e al lavoro “idraulico” delle radici, siano in grado, non solo di “ascoltare”, ma anche di emettere suoni e frequenze che l’orecchio umano non è capace di cogliere.
La presenza nelle piante di un vero e proprio sistema percettivo capace di ricevere e comunicare sarebbe avvalorato da altri studi che confermerebbero come i nostri amici verdi sarebbero in grado di comunicare tra loro e scambiarsi informazioni.
Grazie alla variazione di vibrazioni, le piante reagiscono agli stimoli esterni. Ma vale anche per quelli di natura umana?
La teoria secondo cui parlare alle nostre piante stimoli la loro crescita non ha ancora trovato riscontri oggettivi: il principio che sta dietro a questa ipotesi, infatti, è che parlare produce anidride carbonica, che fa bene alle piante. Non vuol dire che non si debba più scambiare due chiacchiere con le nostre amiche verdi, ma facciamolo sapendo che farà più bene a noi a livello psicologico che a loro.
Cosa possiamo fare per farle stare bene, allora? Oltre a garantire loro i giusti apporti di luce e acqua, accarezziamole con gentilezza, in modo che il nostro tocco simuli quello del vento: gli steli reagiranno crescendo con più forza ed elasticità e anche le foglie si infittiranno!
Se non è ancora scientificamente provato il beneficio parola-crescita, è ampiamente dimostrato che fiori e piante non sanno resistere alla buona musica!
Se si parla di musica e piante, non si poteva non chiamare in causa il maestro Beppe Vessicchio! Il professor Mancuso lo ha coinvolto in un esperimento musico-floristico di cui abbiamo parlato in una delle nostre story su Instagram.
Riportiamo qui un estratto della sua intervista:
Su quali piante ha iniziato i suoi esperimenti?
“Sulle piante grasse nel mio studio a Roma, una decina di anni fa, di notte al rientro dal lavoro. Ho notato che le piante sono suscettibili di performance migliori nel momento in cui incontrano i segnali sonori. Ho cominciato con Mozart, poi ho tentato Beethoven ma senza raggiungere gli stessi risultati. Con Bach invece è andata meglio: significa che non è la musica di un determinato periodo o con un certo stile il segreto, ma la sua organizzazione polifonica”.
Ha sperimentato anche la musica del nostro secolo?
“Diciamo del secolo scorso, cercando brani che avessero lo stesso meccanismo. I Beatles mi hanno dato molte soddisfazioni: in particolare il brano Penny Lane, ma soltanto nella versione suonata da loro. Le risposte alle sollecitazioni musicali vengono da tutte le piante su cui ho provato: pomodori, ma anche melanzane, zucchine, fiori, piante verdi, la mimosa, le viti”.
Sono argomenti interessantissimi, vero? Per questo motivo abbiamo deciso di creare una rubrica periodica dove trattarli di volta in volta: “POV: La mente delle piante”, dove troverai curiosità e consigli pratici su come rendere più felici le tue piante. Ti aspettiamo sui nostri social!